Al teatro Morlacchi di Perugia la Stagione di Prosa del nuovo anno riparte da giovedì 11 fino a domenica 14 gennaio con un grande classico elaborato drammaturgicamente da Elena Bucci e Marco Sgrosso Macbeth, una straordinaria indagine sul potere e un mirabile gioco teatrale interpretato con grande profondità e maestria da un gruppo di attori giovani e di talento.
Lo spettacolo replica al Teatro Verdi di Terni martedì 23 e mercoledì 24 gennaio.
La Bucci e Sgrosso affrontano con estrema serietà questa tragedia esemplare e certamente vincono la scommessa, dimostrandosi assolutamente attrezzati a un’ampia gamma di registri, con cui contemporaneamente restituiscono l’autenticità di testi classici e sostengono una poetica personalissima.
“Nel ‘Macbeth’ – dicono i due artisti - lo scenario è pieno di ombre, scivoloso, in continuo mutare.
Si naviga in un mondo intessuto di menzogne, dove la verità deve travestirsi da bugia oppure da sogno per continuare ad esistere.
Si naviga in un mondo intessuto di menzogne, dove la verità deve travestirsi da bugia oppure da sogno per continuare ad esistere.
Si ascolta il mormorìo di forze non sempre comprensibili, riflesso di un’interiorità che si rivela con imprevista urgenza, mentre l’intelaiatura degli eventi chiama ogni destino al suo compimento. Cosa sono le parole delle Streghe – misteriose medium tra il mondo reale e l’universo delle possibilità – se non verità che si trasformano in bugie e viceversa, a seconda della coscienza o della volontà di chi ascolta?
Una volta compiuto l’atto che scardina tutti i valori, Sir and Lady Macbeth non riescono più a credere nel futuro, ad intessere la tela di appuntamenti che costruiscono i regni e le utopie. Il desiderio del potere e la paura di perderlo generano una volontà spietata, che conduce ad elevarsi al di sopra di ogni regola morale e condanna all’inutilità di una perpetua vigilanza. Sono sterili, senza luogo, sospesi tra la notte e il giorno, tra il sonno e la veglia, incapaci di arginare il mormorìo della coscienza e del mondo delle Streghe, che, guidate da Ecate, assistono impotenti e dolorose al manifestarsi delle scelte umane.
Cosa lega ora i due amanti sovrani, se non lo smarrimento? Cosa significa ‘perdere il sonno’, se non perdere il senso della vita? Se la vita si rivela vuota, il sonno - momentaneo abbandono ad una morte apparente che rigenera - diventa insensato e impossibile. Si deve sempre vegliare e sorvegliare, fino a ridursi spettri di se stessi in un universo popolato di spettri. Morti in vita. Vampiri. Questo testo, con il suo ritmo incalzante come un ‘noir’ e i suoi echi profondi come le parole di un maestro, è diventato per noi l’incubo di Sir and Lady, di volta in volta raccontato e vissuto.
La sua ambiguità mutevole ha segnato anche la nostra lettura e il nostro modo di lavorare. Cercando di dimenticare quello che pensavamo di sapere, attraverso l’improvvisazione e la riscrittura, e grazie ad una grande coesione della compagnia, ci sembra di scoprire ad ogni prova altri sensi e punti di vista, pur rispettando la struttura della storia. Così, da un clima di racconto popolare – ricordo delle recite in piazza – si scivola verso una continua trasformazione degli attori, che passano attraverso le Streghe e ai personaggi fino a giungere ad una nuda azione corale che spalanca domande sul futuro. La scena è sospesa nel vuoto, segnato dal trono, da quattro panche e dai riflessi di luce in movimento di Maurizio Viani: un castello, una landa, la paura, il deserto, la morte, il mare, un sogno.”
Una volta compiuto l’atto che scardina tutti i valori, Sir and Lady Macbeth non riescono più a credere nel futuro, ad intessere la tela di appuntamenti che costruiscono i regni e le utopie. Il desiderio del potere e la paura di perderlo generano una volontà spietata, che conduce ad elevarsi al di sopra di ogni regola morale e condanna all’inutilità di una perpetua vigilanza. Sono sterili, senza luogo, sospesi tra la notte e il giorno, tra il sonno e la veglia, incapaci di arginare il mormorìo della coscienza e del mondo delle Streghe, che, guidate da Ecate, assistono impotenti e dolorose al manifestarsi delle scelte umane.
Cosa lega ora i due amanti sovrani, se non lo smarrimento? Cosa significa ‘perdere il sonno’, se non perdere il senso della vita? Se la vita si rivela vuota, il sonno - momentaneo abbandono ad una morte apparente che rigenera - diventa insensato e impossibile. Si deve sempre vegliare e sorvegliare, fino a ridursi spettri di se stessi in un universo popolato di spettri. Morti in vita. Vampiri. Questo testo, con il suo ritmo incalzante come un ‘noir’ e i suoi echi profondi come le parole di un maestro, è diventato per noi l’incubo di Sir and Lady, di volta in volta raccontato e vissuto.
La sua ambiguità mutevole ha segnato anche la nostra lettura e il nostro modo di lavorare. Cercando di dimenticare quello che pensavamo di sapere, attraverso l’improvvisazione e la riscrittura, e grazie ad una grande coesione della compagnia, ci sembra di scoprire ad ogni prova altri sensi e punti di vista, pur rispettando la struttura della storia. Così, da un clima di racconto popolare – ricordo delle recite in piazza – si scivola verso una continua trasformazione degli attori, che passano attraverso le Streghe e ai personaggi fino a giungere ad una nuda azione corale che spalanca domande sul futuro. La scena è sospesa nel vuoto, segnato dal trono, da quattro panche e dai riflessi di luce in movimento di Maurizio Viani: un castello, una landa, la paura, il deserto, la morte, il mare, un sogno.”